LO SAPEVI CHE?


CRISI??? "Come pretendiamo che le cose cambino, se poi non facciamo nulla per cambiarle?"

 

"Come pretendiamo che le cose cambino, se poi non facciamo nulla per cambiarle?

La crisi è la migliore benedizione che può arrivare a persone e

Paesi, perché la crisi porta progressi.

La creatività nasce dalle difficoltà allo stesso modo con cui il giorno nasce dalla notte oscura.

È dalla crisi che nascono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.

Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. 

Chi attribuisce alla crisi i propri insuccessi e disagi inibisce il proprio talento e ha più rispetto dei problemi che delle soluzioni.

La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. La convenienza delle persone e dei Paesi è di trovare

soluzioni e vie d’uscita. 

Senza crisi non ci sono sfide, e senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.

Senza crisi non ci sono meriti.

È dalla crisi che affiora il meglio di ciascuno, poiché senza crisi ogni vento è una carezza. 

Parlare della crisi significa accrescerla e non nominarla vuol dire esaltare il conformismo. 

Pensiamo invece a lavorare duro.

E facciamola definitivamente finita con l’unica crisi che ci minaccia: la tragedia di non voler lottare per superarla." (A.Einstein, 1935)


Rischio di infezioni crociate è sottovalutato in odontoiatria

L’Associazione dei dentisti olandesi (Nmt) ha recentemente promosso uno studio relativo alla consapevolezza dei rischi di trasmissione delle infezioni per via sanguigna da parte degli odontoiatri, come parte di un programma nazionale per promuovere la sicurezza.

Se ne parla nell’ultimo numero del 2012 di Community Dentistry And Oral Epidemiology, in cui si delinea l’offerta odontoiatrica nei Paesi Bassi. Sono molti i punti di contatto con il nostro Paese, a partire dal fatto che, in gran parte, i dentisti lavorano in studi privati: 6.296 su un totale di 8.241 professionisti, che servono 16 milioni e mezzo di abitanti.

 

In seguito alla crescente preoccupazione riguardo al rischio di infezioni attraverso l’esposizione accidentale al sangue, la Nmt ha costituito da qualche anno un centro di counseling, a cui i dentisti segnalano gli incidenti e ricevono informazioni e supporto. È proprio questo centro ad aver avviato un sondaggio esteso a un campione di 1.142 odontoiatri, allo scopo di identificare i fattori di rischio per questo tipo di incidenti. Condotta attraverso Internet, l’indagine ha avuto solo il 34% di risposte, tuttavia un’analisi ha mostrato che la composizione dei dentisti che hanno aderito era rappresentativa della realtà complessiva nazionale e offre spunti interessanti anche al di fuori dei Paesi Bassi.

 

Nel corso di un anno, al centro di counseling sono stati riportati quasi 400 incidenti, mentre il sondaggio ha mostrato che circa il 45% degli incidenti non è stato segnalato.

 

Ne risulta che incidenti si sono verificati mediamente in un caso su tre e che hanno coinvolto in misura simile i dentisti e gli altri membri dello staff. La percentuale di incidenti gravi è stata del 16%, con il rischio di infezioni da epatite B, epatite C e Hiv.

 

Riguardo alla prevenzione dell’epatite B, sia il sondaggio che le segnalazioni al centro hanno mostrato che non c’è una copertura vaccinale ottimale, nonostante il fatto che in Olanda la vaccinazione per i professionisti a rischio sia obbligatoria. Gli autori ne derivano dunque la necessità di una supervisione più efficace.

 

Un altro problema è la segnalazione tardiva degli incidenti: per minimizzare il rischio di infezione da Hiv c’è la possibilità di seguire una profilassi immediatamente successiva all’esposizione, ma l’8% delle persone che sono state ferite non ha potuto ricorrervi perché ha riportato l’incidente più di 48 ore dopo che si era verificato.

 

La procedura a maggior rischio risulta essere la somministrazione degli anestetici. Scalpelli ed elevatori odontoiatrici sono spesso implicati negli incidenti ad alto rischio (17% dei casi), che sono anche causa di notevole ansia e preoccupazione. «Purtroppo – denunciano i ricercatori olandesi – molti strumenti acuminati utilizzati in odontoiatria non hanno un design orientato a garantire la sicurezza, così la prevenzione deve essere attuata attraverso la ricerca di strategie di lavoro più sicure».

 

I dati emersi dallo studio olandese sono sovrapponibili a quelli di altri pubblicati in letteratura che avevano fotografato la situazione in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Australia ed evidenziano un rischio generalmente sottovalutato, insieme alla necessità di una maggiore informazione riguardo alle possibilità esistenti per ridurli al minimo.

 

FONTE: http://www.dentaljournal.it


Prevenzione delle infezioni crociate e procedure di igiene nello studio dentistico

Voglio riprendere un vecchio tema, cioè di come si prevengono le infezioni crociate in uno studio dentistico.. Tratterò questo argomento, come sempre rivolto ai pazienti e non certo ai colleghi, solo per spiegare un po' e far centrare l'argomento da chi è profano in materia.

 

Crossing infections significa che c'è la possibilità che un'infezione si trasmetta da dentista (o infermiera) a paziente, da paziente a dentista, da paziente a paziente.. Si tratta di un argomento che oggi come oggi è "sorpassato", nel senso che dovrebbe essere ampiamente acquisito e messo in pratica da anni e anni in ogni studio dentistico degno di tale nome. Di certo gli studi abusivi, dove chi opera non è laureato in medicina oppure in odontoiatria, inevitabilmente non possono riuscire a mettere in opera le meticolose regole, dette "PRECAUZIONI UNIVERSALI" e il rischio infettivo sarà elevatissimo per chi si rivolge a questi ambulatori. Mi ricordo che questo argomento non era affatto sorpassato quando, negli anni 80-90, fui chiamato a far parte della commissione organizzata dal Ministero della Sanità per studiare questo problema per l'allarme che si stava diffondendo di nuove malattie virali di cui si temeva la possibile trasmissione in ambito ospedaliero ed ambulatoriale. Fu un lavoro pionieristico, per me rimasto storico perchè da quel gruppo di studio uscirono queste famose precauzioni universali che oggi regolano le procedure igieniche nei nostri studi. Ci "inventammo" l'impossibile, nel confronto fra specialisti di varia origine, ed anche con una certa sperimentazione pratica, per stilare linee guida semplici, fattibili, ed efficaci. Vi ricordo ancora una volta che un abusivo non laureato è per definizione e per impossibilità culturale idoneo ad affrontare questo grave problema, un fuorilegge pirata che non si fa scrupoli a mettere a repentaglio gravemente la salute vostra e dei vostri bambini per il suo immondo lucro.. Quindi riprendendo l'argomento, stiamo parlando di come si può ottenere che ogni paziente dello studio e tutti gli operatori entrino dentro lo studio dentistico sani E NE ESCANO ALTRETTANTO SANI. E chi ha qualche problema possa essere curato serenamente senza il timore che le infezioni si diffondano, oppure, se lui stesso è debilitato, non rischi di ammalarsi lì dentro. Oggi tutto questo è definitivamente assodato e inserito nelle procedure operative di ogni studio medico dentistico (peraltro molto costose, ed è per questo che le cure costano, e gli abusivi, che fanno lavori sottocosto, risparmiano proprio su questo..). Vi espongo brevemente in ordine non sequenziale, alcuni principi che regolano le linee guida:

 

le infezioni più pericolose di cui parliamo sono le varie forme di epatite, l'HIV, la TBC ma anche una semplice trasmissione di virus influenzali ed anche il rischio che una ferita orale, ad esempio dopo un'estrazione, possa essere contaminata da una superinfezione opportunistica da germi banali;

la prima forma è lavarsi le mani. C'è una campagna incredibile dell'UNICE, vòlta a ridurre la mortalità infantile, che invita le popolazioni dei paesi meno fortunati, ed i medici di quelle regioni a lavarsi semplicemente le mani fra un paziente e l'altro. Questo semplicissimo gesto può salvare vite, tante e far risparmiare moltissimi soldi agli stati. Infatti, ci sono terribili statistiche che dicono che i medici in ospedale NON si lavano le mani fra un paziente e l'altro e, così, diffondono e trasmettono infezioni banali ma gravi che potrebbero essere risparmiate da un breve semplice atto. Esempio la solita, classica epatite da siero, B o C, o addirittura viene trasmessa l'infezione in una ferita chirurgica che invece di essere disinfettata, viene così contaminata. E questo anche se si usano i guanti. Ma se non ci si lava prima semplicemente le mani.. In Italia si calcola che se i medici e infermieri d'ospedale si lavassero le mani correttamente, si potrebbero prevenire fra i 1000 e i 2000 morti l'anno per questa trasmissione di infezioni crociate ospedaliere. In Italia dal 5 all'8% dei pazienti, che si ricoverano in ospedale, viene colpito poi da un'infezione ospedaliera durante il ricovero. Questo è un gravissimo, incredibile problema di tutti gli ospedali del mondo: Italia, USA, etc. Negli Stati Uniti si parla di ottantamila morti l'anno per questo.. L'OMS ha appena lanciato lo slogan: "Save lives: clean your hands!!". Tutto questo ha relazione con lo studio dentistico in questo senso: il dentista, ma anche i pazienti, si devono lavare sempre perchè con una manovra semplice e banale si possono evitare le infezioni crociate, come ad esempio un'influenza. Il dentista (a meno che non faccia implantologia o chirurgia) non ha a che fare con ferite che lui può infettare, come accade in ospedale nelle statistiche che ho riferito, ma le mani si devono lavare sempre...!!;

ovviamente alla base della prevenzione delle infezioni crociate ci sono tutte le procedure di sterilizzazione. Bisogna, se possibile, usare più strumentario ed oggetti monouso possibili (costi elevatissimi) perchè così si abbatte la necessità della sterilizzazione all'origine. Per ciò che non può essere monouso, si sterilizza in autoclave. Questa è una delle macchine sterilizzatrici che deve essere presente in ogni studio perchè sterilizza realmente e permette di lasciare gli strumenti imbustati, pronti per l'uso e sterili quando si apre la busta. Per poter utilizzare questo sistema si devono avere tanti strumenti di riserva perchè il ciclo dell'autoclave dura parecchio tempo, e se in un giorno si ricevono molti pazienti, bisogna avere tanti oggetti uguali, come ad esempio 10, 20 o 30 specchietti, ma anche tante turbine (il manipolo chiamato comunemente "trapano") perchè se vogliamo utilizzare strumenti realmente autoclavati sterili, ce ne vogliono molti per completare i lunghi cicli dell'autoclave fra un paziente e l'altro. Ma uno specchietto costa poco, invece una turbina costa oggi almeno 700 euro, e se ne vogliamo avere molte, per usarle e sterilizzarle ogni volta, come tanti tanti altri strumenti, il dentista investe un grande capitale per l'igiene. Questo, ancora una volta fa capire come le vere cure dentistiche non possono essere LOW COST e quelle che costano poco (abusivi, centri low cost, turismo odontoiatrico) sono ad elevatissimo rischio di infezione crossing.. E i disinfettanti veramente attivi sulle superfici (ogni superficie della poltrona, maniglie, radiografico etc etc va igienizzata e disinfettata ad alto livello e ricoperta di domopak monouso in modo che toccandole vengano poi decontaminate facilmente) costano al litro come una bottiglia d'annata di Vèuve Clicquot, lo champagne migliore..;

tutti uguali - C'è un concetto basilare nella prevenzione delle cross infections in ospedale e nell'ambulatorio, quindi anche odontoiatrico che è questo: dobbiamo trattare (paradossalmente ma realmente) tutti i pazienti come se fossero ammalati di epatite-c o tubercolosi (che sono infezioni sostenute da due dei germi più resistenti e difficili da stroncare, al contrario di quello dell'HIV che invece è estremamente labile e muore subito nell'ambiente). In sostanza l'anamnesi è del tutto inutile e dobbiamo porci davanti ad ogni paziente con il massimo possibile delle PRECAUZIONI UNIVERSALI (si chiamano così proprio per questo) e quindi con il massimo delle procedure di sterilizzazione e prevenzione. Perchè? Per una lunga serie di motivi. Dobbiamo fare anamnesi, cioè chiedere quali malattie ha avuto un paziente, per sapere dei farmaci, delle condizioni di salute, etc. Ma se l'anamnesi fosse negativa per malattie trasmissibili quali quelle che ho nominato, questo non ci autorizza minimamente a "mollare" l'attenzione sull'igiene. Infatti, come direbbe il dr. House, i pazienti.. mentono. Oppure non sanno di essere sieropositivi a qualcosa, perchè non hanno fatto analisi recenti che comprendano anche i test per queste malattie etc. Ma anche se per assurdo chiedessimo l'analisi ad ogni paziente, sarebbe del tutto INUTILE (come purtroppo ho sentito, in passato, fare tante volte in ambienti medici, come ad esempio prima di un intervento chirurgico) perchè esiste il famoso PERIODO FINESTRA. Ovvero c'è sempre un periodo in cui un paziente che ha contratto un virus senza saperlo (es HCV-HIV, ad esempio per via sessualmente trasmessa) che anche se fa le analisi, queste risultano negative mentre lui già alberga nel sangue il virus.. Ed è quindi infettante. Quindi questo vuol dire solo una cosa: che il dentista deve sempre sterilizzare al massimo, proteggere i pazienti l'uno verso l'altro e se stesso e le infermiere con tutti i presidi a disposizione possibile, in condizione di massima igiene. Quindi se davanti ha un paziente pericoloso, nessuno deve temere nulla perchè la sala operativa sarà sicura per quello stesso paziente e per i successivi. Neanche l'aspetto deve indurre a rilassamenti in questo campo. Un bambino?? Può essere, a dispetto di un aspetto del tutto tranquillo, per nulla sicuro. Un esempio in questo senso mi insegnò all'atto pratico tanti anni fa che questi concetti sono del tutto veri e doverosi. Un compagno di asilo di mio figlio (ora hanno 26 anni) ebbe il morbillo. E dopo sviluppò una complicazione grave cioè una depressione della produzione del midollo osseo con piastrinopenia e per questo fu sottoposto a trasfusione di piastrine. In realtà andò tutto bene e ora è sano e bello come il sole. Ma poteva essere una bomba biologica. Lui era mio piccolo paziente e io già adottavo, da sempre in realtà, queste misure. Ma poteva essere una.. bomba biologica. Vi chiedo: vi sembra che un abusivo (a Roma poco fa un vigile urbano la sera toglieva denti nel suo .. "studio") o uno studio low cost possa davvero mettere in atto queste precauzioni, e conoscere veramente questi concetti?? ;

la statistica - Le statistiche ci dicono che negli studi dentistici moderni (SOLO QUELLI QUALIFICATI, anche perchè di quelli NON qualificati, abusivi, low cost, turismo odontoiatrico etc, ovviamente NON esistono statistiche) le crossing infections sono molto poco presenti, PIU BASSE DI QUELLE CONTRATTE PURTROPPO IN AMBIENTE OSPEDALIERO, anche a causa della minore invasività delle manovre connesse con le semplici cure odontoiatriche rispetto a quello che si fa in ospedale. Quindi i pazienti possono affidare se stessi ed i loro bambini in totale sicurezza, pressochè vicina a zero rischio.. I dentisti veri e qualificati NON trasmettono quindi infezioni nei loro studi. Tanti anni fa non era così, ma da alcuni decenni c'è una sicurezza elevatissima. In particolare le statistiche dicono che non c'è mai stato nessun caso di trasmissione del temuto HIV. Infatti, come dicevo prima, questo virus è molto labile e ci vuole un contatto molto profondo (sex, trasfusioni, etc..) per trasmetterlo. Io sono sicuro che nessun paziente mai si è ammalato da me ed io stesso sono del tutto sano, come le mie assitenti, dopo tanti decenni di professione. Segno di estrema igiene.

 

FONTE: www.dentisti-italia.it


I pazienti hanno paura dei medici dentisti

Mentre molti medici si preoccupano nel trattare un paziente sieropositivo (dell'hiv e/o del virus dell'epatite) per paura di essere accidentalmente infettati, vi sono anche pazienti che, per la stessa ragione, temono di essere curati da medici che non sterilizzino bene gli strumenti che adoperano o che non usino materiale monouso o che siano positivi a loro volta di qualche infezione.

 

Negli Stati Uniti alcuni anni or sono per un caso veramente sfortunato ma molto pubblicizzato, una giovane donna fu contagiata da un dentista con l'aids, è diventato obbligatorio sottoporre tutti i medici ed i sanitari che operano nelle strutture ospedaliere al test dell'aids ed epatite, in Italia questo non è possibile perché è vietato dalla legge 135/90 e successive modifiche.

 

Ancora oggi una studentessa di 18 anni di West Palm Beach contagiata dal virus dell'aids con altre cinque persone da un dentista ha rilanciato la campagna nazionale per costringere tutti i medici e i sanitari con contatti diretti con pazienti al test dell'aids: se un medico o un sanitario è sieropositivo, può continuare ad esercitare la sua professione, ma non può eseguire interventi chirurgici o altre procedure che possono teoricamente mettere a contatto il suo sangue con il sangue dei suoi pazienti.

 

Pertanto, l'evenienza che un chirurgo o un medico dentista sieropositivo infetti un paziente non si può escludere del tutto anche se ovviamente è molto remota.

Cosa che non si può dire per i materiali che il dentista utilizza (frese, materiale per le impronte ecc.) se sterilizzati male.

L'Associazione Politrasfusi Italiani attenta a questi problemi ed a quelli degli associati che hanno subito delle discriminazioni da parte di alcuni "dentisti", ha patrocinato le "X giornate d’aggiornamento culturale di Clinica Protesica" che si terranno dal 20, 21 e 22 ottobre 2.000 presso il Centro Congressi del Museo dell'Automobile di Torino, organizzato dal Servizio Autonomo di Riabilitazione Orale e Protesi Maxillo-Facciale e Implantologia Dentaria, Cattedra di Protesi Dentaria dell'Università di Torino direttore Prof. Giulio Preti.

Questo corso serve ad aggiornare i medici dentisti e odontoiatri italiani sui nuovi progressi ottenuti e le innovazioni acquisite in vari campi della protesi dentaria.

 

E’ sicuramente per l'odontoiatria italiana, un passo importante per i cittadini e per le persone con disagio quali:


Portatori di handicap non collaboranti che richiedono, per il trattamento, d’anestesia totale.

Cittadini che hanno subito, in seguito a tumore o incidente, l'exeresi di una parte del viso e che pertanto deve essere ricostruita protesicamente.

Cittadini in età geriatrica ed in situazione economica molto povere.

Cardiopatici gravi Trapiantati

Politrasfusi.

 

Raccomandazioni per tutti i medici dentisti e odontoiatri italiani, suggerita dall’Associazione Politrasfusi Italiani al fine di abbattere le infezioni quali epatiti o aids.

 

La trasmissione paziente-paziente può verificarsi a seguito d’uso comune di strumenti, oggetti, o attraverso la veicolazione di sangue con le mani del dentista (trasmissione “orizzontale”).

 

La trasmissione operatore sanitario infetto-paziente dell’hiv o delle epatiti in Italia in rari casi è stata documentata.

La dimensione del problema delle infezioni o da hiv o da epatiti post-dentista impone una rivalutazione critica della condotta operativa del personale “dentistico” al fine di ridurre il rischio d’infezione per i pazienti e per il personale stesso.

I seguenti punti sono considerati essenziali per ridurre al minimo il rischio, le infezioni (dal dentista):

utilizzo dei guanti per ogni manovra di assistenza diretta al paziente che possa comportare contatto con sangue o altri liquidi biologici;

cambio dei guanti dopo l’assistenza di ciascun paziente, quando si rompono e quanto prima possibile in caso di contaminazione visibile;

lavaggio delle mani dopo l’assistenza di ciascun paziente o comunque dopo ogni contatto accidentale con sangue o altri liquidi biologici e dopo la rimozione dei guanti, evitando di mangiare, fumare e portarsi le mani alla bocca o agli occhi durante il lavoro, e di toccare con le

mani “guantate” oggetti presenti nell’ ambiente (telefono, maniglie, rubinetti, ecc.), l’operatore sanitario deve essere sempre assistito da un’infermiera in studio;

uso di camici protettivi, maschere, occhiali e coprifaccia protettivi durante le manovre d’assistenza che possano comportare l’emissione di goccioline o schizzi di sangue o altri liquidi biologici (questo vale per tutti gli operatori sanitari);

attenzione massima nell’evitare punture o tagli quando si usino strumenti taglienti. Gli aghi non vanno reincappucciati, rotti o rimossi dai supporti, ma eliminati in contenitori resistenti disponibili vicino alle sedi di utilizzo degli aghi o dei taglienti.

 

A questo proposito poniamo sul tappeto alcune riflessioni su alcuni dentisti:

Il monito, e la sfida che l’Associazione Politrasfusi Italiani lancia ai Direttori di Cattedra di Odontoiatria Italiana è di formare al meglio e con severità i futuri dentisti.

Quando un operatore sanitario, ha in mano un trapano che funziona a 600.000 giri il minuto, ha in mano un’arma!

Molte scuole di odontoiatria non prevedono severi corsi di preparazione Clinica così sul territorio possono trovarsi giovani operatori sanitari, legalmente riconosciuti, senza adeguata preparazione pratica.

Sappiamo che molti medici-dentisti-studenti, vogliono finire a tutti i costi nel tempo più breve possibile senza minimamente preoccuparsi della preparazione raggiunta avendo come solo obiettivo quello di guadagnare.

Proponiamo ai nuovi laureati di frequentare le Cliniche Odontostomatologiche, di pomeriggio, per un anno, dopo il conseguimento della Laurea; sicuramente con molteplici vantaggi:

Permetterebbe di curare un maggior numero di pazienti permettendo ad una struttura come la Clinica Odontostomatologica di funzionare a tempo pieno ma soprattutto di avere sulla piazza dei medici preparati a livello europeo.

Formare un certo numero di professionisti particolarmente esperti in un determinato settore dell’odontoiatria.

Incentivare i vari insegnanti a sviluppare un programma didattico tale da accattivare l’interesse dei futuri assistenti. 

Una politica di questo tipo si armonizzerebbe con lo spirito di continuo rinnovamento dell’Università contro i pericoli di immobilismo e cristallizzazione.

Un ulteriore vantaggio potrebbe essere, in un prossimo futuro, quello di affidare a questi assistenti la direzione di future Cliniche Sociali per persone con grave handicap la cui esistenza sarebbe auspicabile anche in Italia come negli altri paesi evoluti.

 

fonte: www.politrasfusi.it


Tre morti per un’infezione in un ospedale del Cagliaritano

Otto contagiati dal “Clostridium difficile”, una donna in gravi condizioni

Pazienti, medici, infermieri, personale tecnico e parenti sottoposti a profilassi

 

 NICOLA PINNA ISILI (CAGLIARI)


Il sogno della sanità d’eccellenza è tutto legato all’arrivo degli arabi e all’apertura del San Raffaele di Olbia. Ma la realtà, in Sardegna, è che si può morire in ospedale per la presenza di un batterio che la scienza conosce alla perfezione e che non considera particolarmente aggressivo. A Isili, una cittadina della provincia di Cagliari, i pazienti dell’ospedale San Giuseppe sono stati contagiati dal “Clostridium difficile”, un batterio che attacca l’intestino e che talvolta può essere letale. Nel reparto di medicina dell’ospedale sardo i primi contagiati erano cinque, poi sono diventati otto, e in tre sono morti. Il quarto caso che rischiava di finire nel peggiore dei modi è quello di una donna che ha passato diversi giorni in gravi condizioni e che ora sembra essere in fase di miglioramento. La notizia doveva rimanere riservata e i funerali sono stati celebrati senza perdere tempo, ma ora del caso si stanno già occupando i carabinieri. E anche la Procura della Repubblica di Cagliari: l’inchiesta è partita stamattina e nelle prossime ore saranno sequestrate tutte le cartelle cliniche. 

La certezza più evidente è che la direzione sanitaria dell’ospedale si era resa conto già la settimana scorsa che la situazione era grave. E molto rischiosa. Sabato e domenica, infatti, il reparto di medicina è stato sgomberato e chiuso: pazienti trasferiti in fretta e disinfestazione in tutte le stanze. Ma proprio su questo punto ai carabinieri e al magistrato è sorto il primo dubbio: come mai la bonifica del reparto è scattata soltanto il 27 giugno visto che i decessi risalgono al 1, al 11 e al 20? «Purtroppo – si giustifica il direttore sanitario del San Giuseppe, Ferdinando Angelantoni - non e’ stato possibile chiudere prima l’intero reparto perché in quei giorni era strapieno, con 25 ricoverati portatori di patologie gravissime, da ictus a tumori: era impossibile svuotarlo».

Nel giorno della polemica, comunque, salta fuori un altro retroscena. Ma anche questo non basta a chiarire tutti i dubbi: che il reparto fosse contaminato – questo lo ammette anche la Asl – i medici si sono resi conto quando era già stato celebrato il primo funerale. «Per i nostri specialisti comunque non c’è alcuna correlazione tra i tre decessi e la diffusione del batterio – ripete infuriato il direttore sanitario della Asl 8, Ugo Storelli – Gli anziani avevano già un quadro clinico compromesso». A contraddire i vertici dell’azienda sanitaria, però, è il direttore del Servizio igiene pubblica che martedì mattina ha inviato una nota al sindaco della cittadina: «ll servizio ha ricevuto ad oggi otto segnalazioni relative a pazienti ricoverati – scrive Giorgio Steri – ai quali e’ stata diagnosticata una forma di colite da Clostridium difficile (di cui tre deceduti)».

Insomma, qualche sospetto c’era. Ma come mai la direzione sanitaria non ha ordinato un “riscontro diagnostico”, una sorta di autopsia per verificare con precisione le cause dei tre decessi? I parenti dei pazienti, almeno per il momento, non hanno presentato denuncia e per questo non è stato incaricato nessun medico legale. Ma vista la situazione i sanitari del San Giuseppe potevano eseguire gli accertamenti anche senza l’ordine del magistrato. «Non è stato fatto – ammette il direttore sanitario Angelantoni – ma solo perché i colleghi del reparto non hanno considerato il batterio la causa della morte dei tre pazienti. Il riscontro diagnostico si fa in casi particolari, stavolta non c’era il tanto».

Centinaia di persone in questi giorni sono state sottoposte alla cosiddetta profilassi. Tutti i pazienti del reparto, ma anche medici, infermieri e personale tecnico dell’ospedale, nonché i parenti dei malati stanno seguendo un percorso di controlli per evitare che la contaminazione si allarghi ulteriormente. Nel frattempo i carabinieri della compagnia di Isili (coordinati dal capitano Paolo Bonetti) stanno anche verificando se la procedura seguita per disinfestare il reparto sia quella prevista dai protocolli. Le raccomandazioni fornite dall’Ecdc (European Centre for disease prevention and control) e dall’European society of clinical microbiology and infectious diseases dicono che i pazienti devono essere isolati e tenuti in quarantena. Per questo, dunque, resta da chiarire se la chiusura del reparto e il trasferimento dei malati non abbia provocato un’ulteriore diffusione del batterio.

  

 

FONTE: www.lastampa.it


Larve in ospedale a Parma, chiuse tre sale operatorie di cardiochirurgia

Nel soffitto di una delle stanze dell'ospedale Maggiore sono stati trovati piccoli insetti durante un ispezione dell'impianto di areazione: tra le cause potrebbe esserci stata la presenza della carcassa di un piccione morto. Il presidente della Conferenza terrtitoriale socio sanitaria: "Perché non sono stato messo al corrente?". Interrogazione in Regione di Villani (Fi): "Incremento delle infezioni"

 

Sale operatorie chiuse per la presenza di larve. È successo all’ospedale Maggiore di Parma, dove sul soffitto di una delle tre sale di Cardiochirurgia sono stati trovati i piccoli insetti. La scoperta è avvenuta lo scorso 17 giugno durante un’ispezione all’impianto di areazione del nosocomio e subito è stato dato l’allarme. La sala operatoria è stata chiusa e il giorno dopo sono state effettuate operazioni di disinfestazione. Secondo le prime ipotesi, pare che le larve siano dovute alla carcassa di un piccione che sarebbe riuscito a infilarsi in un vano del condotto di areazione, e che poi lì sarebbe morto. La direzione sanitaria con una circolare interna ha imposto la chiusura delle tre sale operatorie fino a settembre per lavori di manutenzione straordinaria. Dal punto di vista operativo non cambierà nulla e non ci saranno disagi per i pazienti. Coloro che dovranno sottoporsi a interventi cardiochirurgici nei mesi estivi saranno trasferiti in altre sale operatorie, dove di solito si svolgono gli interventi di chirurgia generale, che nel periodo estivo sono meno utilizzate.

Il caso però ha acceso i riflettori sull’ospedale cittadino, soprattutto perché la notizia, uscita sulla stampa, non era stata comunicata all’esterno. Vincenzo Bernazzoli, presidente della Conferenza territoriale socio sanitaria, ha espresso preoccupazione per l’episodio. “Penso che come presidente della Conferenza territoriale socio sanitaria avrei dovuto essere stato messo al corrente nei giorni scorsi di quanto stava avvenendo” ha dichiarato, impegnandosi a convocare per lunedì la Conferenza per seguire l’evolversi della situazione.

 

L’allarme per quello che sta accadendo al Maggiore arriva anche da Forza Italia, che riporta di infezioni da cui sono stati affetti pazienti ricoverati nel reparto e che chiede di fare chiarezza su quello che sta accadendo nell’ospedale parmigiano. Il consigliere regionale Luigi Giuseppe Villani con un’interrogazione alla giunta regionale ha dichiarato che già diversi mesi prima della chiusura delle sale operatorie era stato rilevato “un incremento delle infezioni nosocomiali fra i pazienti ricoverati nel reparto di Cardiochirurgia tanto che, pare, le strutture tecniche della Regione sarebbero intervenute presso l’azienda ospedaliero-universitaria affinché si individuassero le cause di tale evenienza”. Un dato non veritiero, secondo il direttore di Cardiochirurgia Tiziano Gherli, che ha affermato invece come nell’ultimo periodo le infezioni nosocomiale siano diminuite nel reparto.

 

Secondo Villani però la presenza di insetti non riguarderebbe soltanto Cardiochirurgia. “Negli ultimi tempi – scrive il consigliere – pare siano stati chiusi per presenza di insetti o altri contaminanti stanze degenti, un ambiente del reparto di malattie metaboliche, una sala operatoria della clinica ortopedica”, e che nel vano tecnico sopra i comparti operatori siano stati rinvenuti “notevoli quantità di escrementi aviari”. Per questo Villani chiede se risulta alla Regione che la direzione sanitaria non abbia provveduto alla sanificazione degli ambienti nonostante il ritrovamento del materiale contaminante e indica la necessità di chiarire le responsabilità sulla vicenda. Il dito è puntato sulla direzione sanitaria dell’ospedale, che “non avrebbe preso adeguate misure rispetto a una situazione gravemente problematica dal punto di vista igienico in un settore delicato come quello dei comparti operatori”.

 

Dall’azienda ospedaliera universitaria arrivano invece rassicurazioni. Il direttore generale Leonida Grisendi e il direttore di Cardiochirurgia Gherli, hanno confermato che l’attività del reparto “non ha subito alcuna interruzione e che non c’è stata alcuna ricaduta negativa su pazienti e operatori”, né “si sono verificati casi rispetto a ricadute infettive correlati alle condizioni ambientali delle sale”. L’azienda ha infine spiegato che le sale operatorie sono state chiuse per eseguire una serie di interventi straordinari da tempo programmati, in occasione della riduzione dell’attività chirurgica del periodo estivo, e “non per la presenza di insetti in una delle sale del comparto operatorio, in quanto questo problema era già stato risolto con i consolidati interventi di disinfestazione/sanificazione/disinfezione”.

 

FONTE: http://www.ilfattoquotidiano.it


Infezioni in ospedale, 37mila morti l’anno in Europa

Ogni anno nell’Unione Europea circa 4,1 milioni di pazienti hanno un’infezione ospedaliera e almeno 37.000 di loro muoiono per le conseguenze. Il dato è contenuto nell’ultimo report della Commissione Ue ‘Sicurezza del paziente e infezioni ospedalierè. Il rapporto rappresenta una valutazione dei progressi fatti nell’ambito della sicurezza dei pazienti dalla raccomandazione sul tema del 2009 da parte del Consiglio europeo. L’invito è a non abbassare la guardia, dal momento che gli ostacoli da rimuovere – tagli al budget, scarsa consapevolezza del problema, ‘cultura della colpà e non dell’analisi delle cause, scarso coinvolgimento pazienti – sono ancora molti. La buona notizia, secondo il commissario Ue per la Salute Tonio Borg, è che la maggior parte degli Stati ha attuato programmi per la sicurezza dei pazienti. La cattiva è che, nonostante i progressi, nelle strutture sanitarie continuano a registrarsi eventi sfavorevoli e la sicurezza dei pazienti è raramente contemplata nella formazione del personale sanitario. Le stime segnalano come l’8-12% dei pazienti ricoverati in ospedale subisce un evento avverso, come un’infezione associata all’assistenza sanitaria (approssimativamente il 25%). Si calcola che in un dato giorno almeno 1 paziente su 18 ricoverati in ospedali europei ha una infezione ospedaliera. Si stima inoltre che il 20-30% delle infezioni nosocomiali può essere evitato applicando programmi intensivi di igiene e controllo delle infezioni. «Non si tratta solo di una questione di salute pubblica – si legge nel report – questo problema rappresenta un notevole onere economico». Infatti, ogni anno in Europa le infezioni ospedaliere costano 7 miliardi euro, con 16 milioni di giornate in più di degenza. Per quanto riguarda l’Italia, secondo il report il nostro Paese è indietro sulla formazione degli operatori sanitari e sull«empowerment’ del cittadino (ovvero, fornire informazioni sulle misure di sicurezza, il diritto al consenso informato, le procedure di reclamo e i meccanismi di ricorso), mentre sono stati segnalati parziali avanzamenti sui programmi e politiche per la sicurezza e sui sistemi di reporting. Da evidenziare anche il dato che vede il 71% dei cittadini europei affermare che la qualità della sanità nel loro paese è buona, mentre nel caso dell’Italia la percentuale scende al 56%.

 

FONTE: www.online-news.it


OSPEDALI ITALIANI, TRA I MIGLIORI POSTI AL MONDO DOVE CONTRARRE INFEZIONI (SPESSO MORTALI)

Roma - Costa caro al Servizio sanitario nazionale il fenomeno delle infezioni ospedaliere. Il costo del contenzioso per le infezioni contratte in corsia e' infatti pari a circa il 4% del costo totale dei sinistri nella sanita' pubblica e comporta in media un totale di risarcimenti annui pari a circa 8 milioni di euro.

 

Il dato medio nazionale e' di 3,4 richieste di risarcimento per infezioni ogni 1000 posti letto. Il tasso raddoppia per oncologia e ortopedia. E' quanto emerge da una ricerca di Marsh, leader nell'intermediazione assicurativa e nella consulenza sui rischi, secondo la quale il costo medio per sinistro da infezioni ospedaliere e' di circa 50 mila euro, a cui si aggiungono i costi sociali legati al prolungamento della degenza.

 

Sul totale delle richieste di risarcimento danni raccolte dal 2004 al 2011, il periodo di tempo preso in considerazione dall'indagine, le infezioni ospedaliere - spiega Marsh in una nota - impattano per il 3,4% (1.177 su un totale di 34.920), registrando un incremento negli ultimi anni con ricadute importanti a livello della salute del paziente e della percezione della qualita' delle cure.

 

Piu' della meta' dei casi (56,2%) sono riferibili a prestazioni erogate nell'area chirurgica, dato che porta a ipotizzare, come principale causa, una carenza nell'utilizzo delle precauzioni standard nell'assistenza dei pazienti sottoposti ad interventi e quindi maggiormente esposti al rischio di contaminazione da agenti esterni.

 

In particolare, circa il 30% delle infezioni ospedaliere denunciate sono riferibili a Ortopedia e Traumatologia e il 15% a Chirurgia Generale. Circa il 7% e' rilevato in Dea/pronto soccorso. Incrociando i dati Marsh con il recente studio del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie sulle infezioni correlate all'assistenza - in base al quale si registrano 6,3 infezioni ogni 100 ricoveri - ogni 100 infezioni contratte durante la degenza ospedaliera, 1 diventa una richiesta di risarcimento danni.

 

Inoltre, 15 sinistri in media all'anno sono relativi a casi di decesso per infezione ospedaliera (pari all'8,24% dei casi), con un costo medio di circa 113 mila euro. La maggior parte delle richieste danni sono stragiudiziarie; circa il 13% e' giudiziario (di cui solo l'1% di natura penale). Questa percentuale cambia notevolmente in caso di decesso correlato all'infezione, arrivando a circa il 30% di pratiche giudiziarie con un 6% di penale.

 

FONTE: http://www.ilnord.it

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